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la Val d'Intelvi 

Tra i laghi...

Tra i laghi un territorio, un paesaggio, i monti, i boschi, gli animali, la gente.

I laghi di Como e di Lugano circondano la Valle Intelvi che deve il proprio nome ad altre acque, quelle del fiume Telo, che, con i suoi due rami, delimita anch' esso questo territorio.

L' origine della denominazione "Intelvi" ci riporta al latino "in Telus", appunto "tra il Telo", tra le acque settentrionali che scorrono verso Osteno, sul lago di Lugano e quelle meridionali che sfociano ad Argegno, sul lago di Como.

La Valle, facilmente raggiungibile da Milano, è contraddistinta dalla presenza di verdi praterie, secolari pinete e suggestivi scorci panoramici sui laghi, con una contenuta urbanizzazione che ne fa un luogo adatto per il riposo.

Le fotografie esposte mostrano ambienti e personaggi ripresi non solo in Valle Intelvi ma anche sui laghi, in particolare a Porlezza e Lugano.

 

il territorio

La Valle d'Intelvi, lunga circa una dozzina di chilometri, si trova a circa 20 Km. a nord di COMO, tra il lago di Como (Lario) e quello di Lugano (Ceresio) ed è solcata dal torrente Telo.
E' nota nel panorama artistico italiano per l'eccezionale contributo fornito nei secoli del Barocco e del Rinascimento
Essa è una valle ridente, soleggiata e si apre su montagne che superano di poco i mille metri caratterizzate da verdi pascoli e da declivi morenici. 
La presenza, inoltre, delle due masse d'acqua rende il clima assai mite e sufficientemente piovoso, donde un'abbondante vegetazione fa del verde una delle sue principali caratteristiche.
Il paesaggio mosso può essere ritenuto uno dei più belli di tutto l'arco alpino lombardo.
Questa valle, accoglie località di villeggiatura di fama e borghi quasi intatti nella loro arcaica semplicità, raggiungibili da tre vie d'accesso: da Argegno sul Lago di Como, da Osteno sul lago di Lugano e da Lanzo attraverso la ripida Val Mara che si appiana nei pressi della frontiera italo-svizzera.

Cenni storici

Già dal Mesolitico si sono avuti i primi insediamenti umani: a Erbonne sono state ritrovate selci scheggiate del Mesolitico medio e recente (6500-5500 a.C.). Ad epoca protostorica imprecisata
si fanno risalire le incisioni cupelliformi dei trovanti, già citati.
Durante la 1ª Età del Ferro (900-400 a.C.) la nostra zona fu interessata dalla cultura celtica di Golasecca (Varese), cui si riferisce una bella ascia in bronzo rinvenuta ad Erbonne. Alcune iscrizioni del VI secolo a.C. testimoniano la diffusione della lingua dei Leponzi (Liguri). Nel V secolo a.C.
una Como all’apice dello sviluppo e i paesi del Lago commerciavano attivamente con gli Etruschi della Pianura Padana. Nel IV secolo a.C. (2ª Età del Ferro) l’invasione gallica interruppe gli scambi
e portò la nuova cultura celtica di La Tène (Svizzera). La romanizzazione dell’Italia settentrionale ebbe inizio nel III secolo a.C.: Como fu conquistata dai Romani nel 196 a.C.. I Romani suddivisero
il territorio in Pagi, che occuparono il posto delle precedenti circoscrizioni territoriali, costruirono fortificazioni e strade (tra cui la Via Regina) lasciando un’impronta nella struttura urbanistica
e del paesaggio ancora oggi individuabile. Nel nostro territorio la resistenza alla colonizzazione
del substrato celtico diede origine ad una cultura gallo-romana di cui sono stati trovati vari reperti, che sono conservati presso il Museo Giovio di Como. Con il declino dell’impero romano si assiste
ad una lenta e progressiva espansione dell’influenza dei Barbari. Nel 476 (inizio del Medioevo) ebbe fine l’Impero Romano d’Occidente e in Italia il re dei barbari Odoacre prese il potere. Subimmo quindi la dominazione dei Goti, poi dei Bizantini e infine dei Longobardi, che nella regione lariana prevalsero nel 588, dopo un assedio di sei mesi all’Isola Comacina, presidiata dal milite romano Francione. <Essi suddivisero il territorio in Arimannie, territori rurali che spesso coincidevano con le Pievi. Ricordo della presenza longobarda è il nome attribuito dalla tradizione alla strada che costeggia
il Lago: la Via Regina Teodolinda. All’età longobarda risalgono gli orecchini a cestello in oro
ritrovati a Laino, parte di un corredo funebre.
 
Nel 1058 Moltrasio e nel 1100 Ossuccio hanno già i propri Consoli e Statuti: sono perciò tra i più antichi Comuni d’Italia. In ogni Comune le decisioni erano prese dal Consiglio di Comunità,
composto dai capifamiglia. Nel XII secolo la Pieve di Isola Comacina e quella di Lenno erano alleate di Milano, che vinse la guerra decennale (1118-1127) contro Como, che invece era appoggiata
dagli intelvesi e dai paesi del basso Lario; in seguito, dopo alterne vicende, si ebbe la definitiva vittoria dei Comaschi, che nel 1169 con un incendio distrussero il castello e tutti gli edifici dell’Isola: il Barbarossa ne vietò la ricostruzione; in ricordo ogni anno si celebra la Sagra di San Giovanni, con fuochi d’artificio e lümaghitt (lumini ad olio) sparsi sui davanzali e sulla superficie dell’acqua; il giorno successivo caratteristica processione con le barche: vengono riportate le reliquie dei martiri sull’Isola, dove si celebra Messa sui resti della Basilica.
Dal 1240 Como e il suo territorio furono divisi in quattro parti, ognuna dipendeva da una Porta.
Nei secoli XIV-XVI fummo amministrati da varie Signorie: Visconti, Rusca, Camuzzi, Della Torre, Vittani, Trivulzio, Gallio, Vaccani, Marliani, Sforza, Riva Andreotti: sono i secoli delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, delle dominazioni francese e spagnola. In particolare sopportammo il giogo di Giangiacomo De Medici, detto il Medeghino (1530-1555). Molti paesi avevano un castello, anche
se i Signori non vi risiedevano: questa incuria spiega perché non siano giunti sino a noi. Nel 1476, 1574 e nel 1630 infierì la peste, che decimò la popolazione e portò una grave crisi economica. All’epoca della dominazione napoleonica (1796-1815) facemmo parte del Dipartimento del Lario, diviso in Distretti: la voglia di libertà fu pagata con la vita dal Parroco di Ramponio B. Passerini
e dal cognato Molciani, dopo una sfortunata ribellione. Dopo il Congresso di Vienna ci fu il dominio Austriaco e dipendemmo dal Mandamento di Como; in quel periodo si avviarono molte riforme amministrative: tra tutte ricordiamo la formazione del Catasto Teresiano. Il Risorgimento ci ha visto partecipare ai moti mazziniani: da Villa d’Este il Barone Ciani diffondeva pubblicazioni patriottiche;
la rivolta popolare capeggiata dal Brenta e mal condotta dal Gen. D’Apice (1848) si concluse però tragicamente: a ricordo è una lapide in Comune di Dizzasco (Termopili Intelvesi). Anche le due guerre mondiali hanno avuto il loro tributo di vite umane. Il contrabbando con la vicina Svizzera
è stato in quel periodo una risorsa contro le difficoltà economiche.
I primi insediamenti risalgono ai tempi preistorici e romani; nel Medioevo andò costellandosi di fortificazioni e di chiesette dipendenti, queste ultime, dalle macerie di Castiglione (Muronico);conobbe poi le divisioni feudali e la fioritura di comuni rustici sotto la giurisdizione di quello comasco.
Alleata con Como, partecipò alla guerra decennale; fu teatro di scontri tra i sostenitori delle frazioni comasche, finché subì un lungo periodo di soggezione, a partire dal Trecento in poi: coi Visconti, i Rusconi (1400-1583) e, dopo una parentesi cruenta per le razzie dei Medeghini coi Marliani (sino al principio del 700), e i Riva Andreotti.
Anche in Valle d’Intelvi il Risorgimento ebbe i suoi fautori e i suoi cospiratori: l’episodio più luminoso e tragico fu l’insurrezione Mazziniana capeggiata da Andrea Brenta, catturato a Casasco e fucilato a Camerlata l’11 aprile 1849.

Economia

La fama degli intelvesi è legata al lavoro nel campo dell’edilizia, del taglio e della scultura della pietra, della decorazione a stucco, a fresco, a scagliola, che essi svolsero, dal Medioevo a tutto il 700 ed oltre, emigrando da primavera ad autunno e tornando fra i loro monti d’inverno. Fama che si ricollega direttamente a quella dei Maestri comacini. Questi capimastri, lavoranti, artigiani ed artisti, si chiamarono “Magistri Antelami”, dal nome antico della valle, cui appartenne Benedetto Antelami. La loro diffusione, prima limitata all’Italia Settentrionale e in parte a Genova, si propagò poi nella Francia Meridionale, in Germania, nel Medio Oriente, assimilando e interpretando le più varie influenze stilistiche.
Con l’età moderna questi Maestri, chiamati Intelvesi, raggiunsero il Regno di Napoli, la Spagna, l’Austria, la Russia: i loro secoli d’oro furono il 600 e il 700.
Famiglie di artisti si tramandarono quest’arte di generazione in generazione: tra queste, per ricordare solo le più note, furono i Carloni di Scaria, i Solari di Verna, i Quaglio e i Barberino di Laino, i Prestinari di Claino ed i Bregno di Osteno.
Attualmente le attività economiche sono legate quasi totalmente al turismo e ad un attivo frontalierato con la vicina Confederazione Elvetica.
Anche se le pendici dei monti mostrano ancora i terrazzamenti costruiti in epoche passate per ricavare campi meno ripidi da coltivare a cereali, per lo più grano e segale, l’agricoltura è quasi scomparsa del tutto ed è legata quasi unicamente al pascolo e all'allevamento.

Arte

Le valli del Ceresio si contraddistinguono dal fatto di avere fornito, sicuramente a partire dall'età longobarda, una quantità incredibile d’artefici altamente specializzati nell'arte del costruire e del decorare.
All'indubbio valore artistico di alcuni di essi (come Benedetto Antelami e Francesco Borromini, per fare solo due nomi) va aggiunta la straordinaria portata storica del fenomeno: città come Genova, Roma, Venezia, Vienna, Salisburgo, Linz, Graz, Passau e Praga devono, in percentuale più o meno rilevante, il loro aspetto attuale a progettisti ed esecutori comacini.
Sebbene le principali opere degli Intelvesi si trovino nei luoghi ove essi operavano, numerosi esempi della loro perizia, eseguiti quasi a tempo perso durante i brevi ritorni stagionali, sono reperibili anche in valle, nonostante ripetuti rimaneggiamenti e colpevoli trascuratezze nella loro conservazione. 
Fortunatamente, grazie anche al contributo dell'APPACUVI (Associazione per la Protezione del Patrimonio Artistico e Culturale della Valle Intelvi), alcuni monumenti sono stati recentemente salvati.

Museo della valle Scaria

Nell'attigua casa parrocchiale, è sistemato il Museo diocesano della Valle Intelvi, venne aperto nel 1966 e vi raduna importanti documenti e reperti della Val d’Intelvi.
Il Museo è strutturato in più sezioni ;scultura, oreficeria, pittura, libri, tessuti, disegni, manifestazioni religiose, stampe, mobili, documenti d’archivio, strumenti di lavoro; letteratura, fotografia e giornali, dove vi si conservano alcuni reperti archeologici, insegne e paramenti sacri, vesti seicentesche, antichi manoscritti, disegni e dipinti d’artisti intelvesi, strappi d’affresco. Ma le opere più preziose sono senza dubbio costituite dall'antichissima Croce astile (detta Croce Antelamica), risalente all'epoca romanica, nonché dalle splendide statuette il legno d'olivo, opera del grande scultore pelliese Ercole Ferrata.

Museo della civiltà contadina G. Traversa Ponna Intelvi Superiore
L'edificio riproduce una tipica abitazione valligiana che va dal 1850 al 1900. 
Gli ambienti sono stati ricreati utilizzando oggetti autentici dell’epoca e provenienti tutti da case intelvesi: ferri da stiro dell’epoca, vestiti della festa, prime lampadine elettriche del 1910 utilizzate in valle, tutto l’armamentario che si utilizzava per il contrabbando, attrezzi da stalla, filati e tela.

turismo

Questa zona presenta numerosi ed interessanti itinerari da percorrere con molta attenzione: da Argegno a San Fedele e poi fino a Lanzo ed alla vetta della Sighignola per godere il panorama del "Balcone d’Italia" sulle Alpi e sul sottostante Ceresio, tra borghi antichi, ville, chiese e monumenti, palazzi d'epoca che conservano le opere più pregevoli dei "Magistri Intelvesi", artisti che hanno lasciato un segno nelle capitali d'Europa. 
In quota, dal Monte Bisbino alla Valle d'Intelvi, luoghi per deliziose passeggiate fra il verde, si snoda la "Via dei Monti Lariani" riservata a chi, a piedi, vuol godere i richiami della natura. 
Dal centro della vallata, a San Fedele, s’intersecano i vari itinerari che portano in direzione di Pigra, di Casasco, di Pellio e di Lanzo oppure lungo la diramazione che da Laino e Ponna scende a Claino con Osteno, sulla riva del Ceresio italiano dove ci sono un orrido (che merita di essere visitato) e le grotte di Rescia: luoghi che hanno fatto da sfondo alle opere di Fogazzaro.
Equitazione, golf e sport invernali costituiscono le attrattive della Valle d'InteIvi, luogo privilegiato per il soggiorno in tutte le stagioni, negli alberghi o nelle ville con possibilità di effettuare passeggiate ed escursioni.
Una tra le mete più interessanti è senz'altro rappresentata dalla Vetta del Monte Generoso, in territorio Svizzero, lungo facili sentieri e un paesaggio montano di rara bellezza.
La caratteristica montagna, tra le più rappresentative della catena prealpina, può essere raggiunta anche dalla località svizzera di Capolago con un trenino a cremagliera costruito alla fine del secolo scorso. D'inverno al Monte Crocione, al Pian delle Noci ed a Lanzo-Sighignola funzionano impianti di risalita con piste riservate alle diverse categorie di sciatori. A Lanzo, poi, viene mantenuto in efficienza un anello per la pratica dello sci di fondo.
Lo sport, il verde, le passeggiate e gli itinerari d'arte e di storia costituiscono in Valle d'Intelvi motivi per un interessante soggiorno: una vacanza che, secondo i gusti, può essere "attiva" oppure "contemplativa''.
Attualmente i paesi che offrono maggiori possibilità in fatto d’infrastrutture escursionistiche e turistiche, sono Lanzo e San Fedele.

Curiosità 

La Valle d’Intelvi è per molti chilometri terra di confine tra l’Italia e la Confederazione Elvetica e dunque qui l’attività di contrabbando è stata sempre presente nelle abitudini della popolazione locale.
Il termine italiano “contrabbando” deriva da contrabbandum, vocabolo che, nel latino medievale, stava ad indicare “ciò che va contro le leggi, contro i bandi”.
Le merci da contrabbandare, cioè quelle che vengono importate o esportate clandestinamente per non pagare la dogana, venivano stipati in appositi sacchi di stoffa chiamati “briccole”, e trasportate a spalla, lungo impervi sentieri di montagna, da uomini detti “spalloni”.
Gli spalloni erano guidati da un "capo", solitamente originario della Tremezzina; coloro che mettevano in commercio i prodotti di contrabbando, “i padroni”, personaggi abili e forniti di grandi possibilità finanziarie, erano invece della Brianza o di Lezzeno.
La merce di contrabbando doveva essere depositata dagli spalloni in riva al lago, a Brienno, o a Colonno; qui veniva caricata su apposite barche perché potessero raggiungere la destinazione finale.
Un viaggio medio imponeva agli spalloni di camminare circa una decina di ore.

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La Valle Intelvi - itinerari.

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Nel paesaggio lariano acqua e monti sono strettamente legati e questa caratteristica non è solo visiva; i paesi del lago hanno sempre avuto un forte legame con il retroterra. Ogni paese della riva ha sempre avuto i suoi ‘Monti’: con questo appellativo venivano indicati, in passato, gli insediamenti a mezza costa ove ci si trasferiva a svolgere l’attività lavorativa nella bella stagione.
Le valli che si aprono lungo le rive del Lario vanno prese in esame in una guida del territorio in quanto, pur sviluppando caratteristiche autonome, sono sempre state strettamente collegate al lago e intese dagli abitanti dei paesi rivieraschi come un territorio di loro pertinenza.
Un itinerario di sicuro interesse è quello che ad Argegno abbandona le acque del Lario, per risalire la verdissima Valle Intelvi, ricca di storia, d’arte e di bellezze naturali, e per discendere, dopo aver percorso una dozzina di chilometri di strade di montagna, alle verdi acque del Ceresio.
La Valle Intelvi, lunga circa una dozzina di chilometri, unisce infatti i due laghi: si estende tra il Lario e il lago di Lugano, detto anche Ceresio; dai 750 metri di altitudine del paese di San Fedele la vallata scende da un lato ad Argegno, dall’altro a Osteno. Sull’asse principale della valle si aprono diverse vallette laterali sui cui versanti sorgono i paesi.
Da Argegno la Valle Intelvi, terra d’origine di una folta schiera di muratori, scalpellini, carpentieri, architetti, pittori e scultori che operarono non solo in zona, ma anche in tutta Europa, può venire percorsa lungo ambedue i versanti orografici.
 
 
La strada per Schignano, che ne risale il versante destro, si stacca, per chi proviene da Como, poco prima del centro abitato di Argegno. Questo tracciato offre splendide vedute panoramiche e tocca, dopo Schignano i paesi di Cerano e Casasco e infine il piccolo insediamento rurale di Erbonne, posto sul confine svizzero ai piedi del monte Generoso (1701 m), le cui pendici sono ricoperte di boschi e pascoli. Il panorama che si ammira dalla vetta di questo monte, raggiungibile anche per mezzo di un trenino che parte da Capolago, paese della vicina Confederazione Elvetica, è incredibilmente vasto: le più note cime delle Alpi e la pianura Padana fino all’Appennino.

Un Carnevale antico e insolito
Ha radici antiche il Carnevale di Schignano, certamente il più noto e caratteristico di tutto il territorio lariano. Si tratta di una manifestazione che vuole rappresentare la vita e contrappone, senza che peraltro vengano a contatto, nell’indifferenza reciproca (proprio come accade spesso quotidianamente), i belli, cioè i signori, ai brutti, che rappresentano i poveri.
I ricchi, detti Mascarun o Bej, sono abbigliati con sfarzo e portano sovrabbondanti ornamenti colorati. I brutti sono vestiti miseramente e corrono senza tregua per le vie del paese finché si gettano per terra esausti. Le maschere che i partecipanti indossano sul volto sono intagliate in legno di noce e accuratamente levigate.
Altre figure di questa manifestazione popolare sono la Ciocia, che è moglie di un bello, ma anche sua schiava, dunque vive poveramente e viene maltrattata dal marito padrone, e i Sapoeur, gli zappatori, che, vestiti di pelli di pecora e con il volto annerito, aprono la rappresentazione. La sera del martedì grasso viene dato alle fiamme il fantoccio (detto Carlisepp) che rappresenta il Carnevale; mentre questo brucia, le maschere scompaiono dalle vie del paese.

Nelli'immagine: caratteristiche maschere durante il carnevale di Schignano.
 
 
La strada che percorre il versante orografico sinistro della Valle Intelvi devia dalla statale 340 (più conosciuta come ‘statale Regina’) non appena superato il centro di Argegno. Essa si innalza rapidamente sul livello del lago e, sempre offrendo panorami notevoli, talora sfiora e più spesso attraversa i centri abitati di Muronico, Dizzasco, Castiglione. Nei pressi di quest’ultimo paese la strada si congiunge al tracciato che risale il versante opposto della valle.
Il primo centro abitato che si incontra dopo avere oltrepassato Castiglione è un luogo di villeggiatura che offre in abbondanza verde, tranquillità, aria pulita e tutte le comodità cittadine: San Fedele Intelvi (779 m). Da questa località, le cui abitazioni stanno distese su un ampio e soleggiato pianoro circondato dai boschi, si stacca la via che conduce a Blessagno (762 m) e quindi a Pigra (881 m).
Non appena oltrepassate le ultime case di San Fedele occorre decidere se seguire i cartelli che indicano Porlezza per raggiungere i paesi di Laino (676 m) e Ponna (870 m) o per scendere al lago di Lugano, oppure continuare, su strada quasi pianeggiante, in direzione di Pellio Intelvi (820 m).
Sia Laino sia Ponna meritano comunque una visita, in quanto offrono quiete, belle passeggiate, un piccolo museo e interessanti monumenti.
A Laino hanno avuto origine intere famiglie di artisti, architetti e pittori; il paese ebbe il suo massimo fulgore nel Settecento, quando qui venne fondata persino un’Accademia di disegno. A testimoniare un passato di notevole benessere rimangono tre chiese (particolarmente interessante è la bella chiesa parrocchiale di San Lorenzo) e inoltre un notevole edificio, il palazzo Scotti.
Sul versante luganese della Valle Intelvi, dunque sul Ceresio e sulla Valsolda, si affaccia Ponna, con gli insediamenti di Ponna Inferiore (ove è da percorrere lo scenografico viale alberato che conduce alla chiesa di San Gallo), San Bartolomeo e Ponna Superiore. La frazione intermedia di San Bartolomeo prende nome da un oratorio romanico dipendente in passato dai monaci dell’abbazia di San Benedetto in Val Perlana. A Ponna Superiore è certamente consigliabile una visita al Museo della Civiltà contadina che riproduce una tipica abitazione valligiana della seconda metà dell’Ottocento.
A Laino si può anche imboccare la strada che scende ripida a Osteno, frazione del comune di Claino con Osteno. Nei pressi di Osteno precipitano a cascata nel Ceresio, formando il famoso Orrido detto la Pescara, le acque del torrente chiamato Telo di Osteno per distinguerlo dall’omonimo che sfocia, ben più placido, nel Lario ad Argegno. Il paese, che si stende lungo la riva del lago di Lugano, conserva nella chiesa parrocchiale un pregevole tabernacolo quattrocentesco, opera dello scultore Bregno.
Da Pellio, che si compone anch’esso di due frazioni, Pellio Superiore e Pellio Inferiore, si può invece decidere di continuare a risalire la valle, senza deviazioni, proseguendo lungo la strada principale fino a raggiungere il bivio per Ramponio Verna.
Se si continua, senza deviare, si raggiungono prima la frazione di Scaria, quindi il comune di Lanzo Intelvi. Scaria è una piccola località che presenta diversi interessanti motivi per una sosta. Appena fuori dal paese, nei pressi del cimitero, sorge il sobrio edificio dedicato ai santi Nazario e Celso, angolo di intensa bellezza e di grande forza religiosa. Del tutto differente e ugualmente interessante per gli amanti dell’arte è la chiesa di Santa Maria, sita invece in centro all’abitato. Questa piccola chiesa è classificata monumento nazionale per i suoi pregevoli affreschi barocchi dovuti a Carlo Innocenzo Carloni, il più noto pittore intelvese, che operò nel Settecento insieme con il fratello Diego, cui si devono gli elementi a stucco che incorniciano i dipinti e conferiscono all’insieme un mirabile aspetto unitario.
Sempre a Scaria è da visitare il Museo della Valle, ricco di opere d’arte sacra anche molto antiche, risalenti al periodo romanico e gotico.
Lasciata questa piccola frazione, ricca d’arte, si raggiunge in breve Lanzo Intelvi, che fu nei primi anni del Novecento un centro di villeggiatura di notevole importanza come testimoniano le numerosissime grandi ville erette per lo più in stile liberty. Per gli amanti dello stile floreale il paese di Lanzo è un vero e proprio museo a cielo aperto.
Dalla località detta Belvedere si gode una bella vista su Lugano e la Valsolda.
Da Pellio il paese di Lanzo può essere raggiunto anche passando per il Piano delle Noci, che come rivela il nome, è un verde pianoro soleggiato e quieto. Per passare da qui, prima di giungere al centro di Pellio, occorre imboccare la deviazione indicata sulla sinistra.

Nelle immagini: in alto, vie del vecchio borgo di San Fedele d'Intelvi; sotto: vista sul Lago di Lugano dal Belvedere.
 
 
Valle Intevi e contrabbando
Il termine italiano ‘contrabbando’ deriva da contrabannum, vocabolo che, nel latino medioevale, stava a indicare ‘ciò che va contro le leggi, contro i bandi’. Merci di contrabbando sono quelle che vengono importate o esportate clandestinamente per non pagare la dogana.
La Valle Intelvi è per molti chilometri terra di confine tra l’Italia e la Confederazione Elvetica e dunque qui l’attività del contrabbando è stata sempre presente nelle abitudini della popolazione locale.
Le merci da contrabbandare venivano stipate in appositi sacchi di stoffa chiamati ‘bricolle’, e trasportate a spalla, lungo impervi sentieri di montagna, da uomini detti appunto ‘spalloni’.
Gli spalloni erano guidati da un ‘capo’, solitamente originario della Tremezzina; coloro che mettevano in commercio i prodotti di contrabbando, ‘i padroni’, personaggi abili e forniti di grandi possibilità finanziarie, erano invece della Brianza o di Lezzeno.
La merce di contrabbando doveva essere depositata dagli spalloni in riva al lago, a Brienno, o a Colonno; qui veniva caricata su apposite barche perché potesse raggiungere la destinazione finale.
Un viaggio medio imponeva agli spalloni di camminare circa una decina di ore.

Nell'immagine: Vecchia rete di confine.
 
La Val Mara 
Da Lanzo si può proseguire verso il confine svizzero e la selvaggia Val Mara, che porta, con una ripida ma suggestiva strada tutta a tornanti, sul Lago di Lugano, poco a nord di Capolago.
La Val Mara offre la piacevole sensazione di trovarsi in un luogo fuori dal mondo e fuori dal tempo, sensazione particolare se si considera che l'area è sfiorata da direttrici di traffici di importanza europea e si trova inglobata in una delle zone più popolose sia dell'Italia che della Svizzera.

 

 

 
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